La Amiron è una bella cuffia.
La prima sensazione indossando la cuffia è quello di entrare nella platea di un cinema, o di un raffinato jazz club: insonorizzazione acustica dell’ambiente, si viene proiettati con chiarezza su una poltroncina di velluto ed il panno fonoassorbente sembra essere steso su ogni parete immaginaria della scena riprodotta.
Arriva il suono: wow ! un sorriso, un brivido perché la ruffianeria di questa cuffia sta proprio qui, nello stordirti con il suo profumo dolce, lo sguardo appena malizioso, un passo da lady in abito attillato e tanto velluto rosso a smorzare l’ambiente per far si che ogni suono sia concentrato verso il focus che la cuffia intende proporre.
Rispetto a cuffie più lineari siamo distanti perché la volontà di Beyerdynamic di stupire con un suono abilmente modellato verso la piacevolezza d’ascolto è nettamente percepibile nella scelta di una gamma bassa ben presente e che non appesantisce l’ascolto. La cuffia non stanca, ed una volta fatto l’ingresso nella sua scena riproduttiva ci si abitua immediatamente e non si manifesta il desiderio di cambiarla con qualcos’altro, semmai gli appassionati del suono aperto ( inteso “nell’aria” ) dopo un ascolto prolungato potrebbero avvertire la necessità di cambiare il palcoscenico sonoro. La prima sensazione indossando la cuffia è quello di entrare nella platea di un cinema, o di un raffinato jazz club: insonorizzazione acustica dell’ambiente, si viene proiettati con chiarezza su una poltroncina di velluto ed il panno fonoassorbente sembra essere steso su ogni parete immaginaria della scena riprodotta.
Arriva il suono: wow ! un sorriso, un brivido perché la ruffianeria di questa cuffia sta proprio qui, nello stordirti con il suo profumo dolce, lo sguardo appena malizioso, un passo da lady in abito attillato e tanto velluto rosso a smorzare l’ambiente per far si che ogni suono sia concentrato verso il focus che la cuffia intende proporre.
Rispetto a cuffie più lineari siamo distanti perché la volontà di Beyerdynamic di stupire con un suono abilmente modellato verso la piacevolezza d’ascolto è nettamente percepibile nella scelta di una gamma bassa ben presente e che non appesantisce l’ascolto. Bonny light horseman > lowlands > la scena è buona, bell’ambientazione acustica, ma i colpi di basso restano in fondo, al buio, senza timbrica, senza spazialità, percepiti come un tonfo sordo senza profondità e spessore armonico.
Secondo me può fare meglio: urge un cavo diverso. Con un dac un pò più neutro rispetto al Lector attraverso il quale collegavo Daphile all’amplificatore, trasforma la Amiron Home in un rasoio sia per la capacità rivelatrice ma anche per accordatura generale: se l’incisione è un po’ “furbetta” dedicata a dispositivi comuni, per dirla in altri termini “non audiophile” si avverte una certa scollatura timbrica nella quale i bassi stanno rilegati là, poi poco più avanti galleggiano i medi e più in là ancora incontreremo la parte acuta, ma con le incisioni Hi RES l’ascolto è musicale e concretamente appagante. E le sibilinati ? Quante si legge di questo limite che molte produzioni Beyerdynamic noverano nella riproduzione, ma con le Amiron mi sembrano ben contenute, e vengono ulteriormente tenute a bada dal pilotaggio bilanciato. Semmai ravviso una componente elettrificata sulle estreme frequenze di arrotondamento delle voci femminili, delle corde dei violini, delle code di alcuni riverberi. Una metallizzazione che toglie armoniche e lascia un ricordo secco ed elettrificato anche dove non si vorrebbe. Quest’ultima annotazione ha un certo peso per le mie orecchie legato a motivi professionali, ma per molti altri potrebbe divenire abbastanza trascurabile. In conclusione ho trovato la Beyerdynamic Amiron Home un’ottima cuffia capace di proporre un ascolto piacevole del quale ci si innamora subito, e nella fascia di prezzo nella quale è proposta rappresenta un ottimo acquisto sia per il carattere che riesce a sfoderare con i generi più vivaci che anche nella musica classica, nella quale però viene a mancare un pò di realtà timbrica che alla lunga fa desiderare qualcosa di più lineare. Però è una cuffia coinvolgente e se non tutta la classica le riesce al meglio, basta cambiare leggermente ambito e spostarsi nel jazz ed ecco emergere un rigore ed una articolazione complessiva gustosa e di spessore, unita ad una ambientazione sonora che per apertura della scena e completezza in gamma bassa, se la batte alla pari anche con cuffie ben più prestigiose ( e costose ! ). |
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Una premessa finale !
Per rendere questa recensione utile a tutti, va ricordata una premessa essenziale: la musica passa attraverso le orecchie che possiedono forma e sensibilità diversa per ciascuno di noi, vale a dire che non solo producono una risposta diversa alle varie frequenze per caratteristiche morfologiche, ma soprattutto rispondono differentemente l'una dall'altra alle sollecitazioni prodotte da talune bande di frequenze in particolare. |
About me Stefano Medici, musicista, scrittore e direttore artistico, si diploma in chitarra col massimo dei voti e borsa di studio, risulta vincitore in numerosi concorsi internazionali; svolge attività di concertistica da solista e in orchestra sia in Italia che all’estero, è docente alla cattedra principale dell’Accademia della Musica. Revisore e trascrittore di opere per chitarra ha al suo attivo collaborazioni con RAI e MEDIASET, apprezzato musicista da pubblico e critica, nella sua carriera ha ricoperto importanti incarichi culturali per il Ministero, il Conservatorio e la Regione Veneto, avviando iniziative di diffusione culturale in collaborazione anche con l’Università di Padova e Confindustria Veneto. Ideatore e conduttore di programmi radiofonici e televisivi, dal 1995 è presidente e fondatore dell’Accademia della Musica, con la quale svolge un’importante ricerca nel campo delle neuroscienze e della Bio-risonanza applicata alla musicoterapia. |
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